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I MOOCs e qualche riflessione sull’educazione

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L’informazione oggi è una risorsa che non scarseggia. Basta accendere il computer più vicino, scrivere qualche parola chiave sul proprio motore di ricerca preferito, et voilà l’informazione che si stava cercando viene subito servita su un piatto d’argento. Ad oggi ci sono milioni di Terabyte di informazione accessibile in questo modo tramite internet, e la crescita è esponenziale. In mezzo a questo tsunami di informazione grezza, c’è anche chi si prende la briga di trasmettere un po’ di conoscenza sotto forma di educazione.

Cos’è un MOOC

La sigla MOOCs sta per Massive Open Online Courses, ovvero corsi online aperti a tutti. Sono il trend del momento per le grandi e medie università, e ognuna cerca di ritagliarsi la propria fetta. I big del campo sono rappresentati da colossi come la Stanford University (Udacity e Coursera), il MIT, Harvard  e Berkeley (Edx). Alcune di queste piattaforme sono registrate come attività no-profit, altre invece sono dichiaratamente commerciali e for-profit.

Siamo ancora agli inizi di questo movimento, e non è chiaro qual è il modello di business (per chi business vuole fare) che permetterà alle varie piattaforme di avere vita propria e non dipendere economicamente dal supporto delle rispettive università.

Una possibile prospettiva vede le organizzazioni impegnate momentaneamente a generare contenuto, garantendo l’accesso libero a una versione acerba del servizio, in vista di chiuderlo successivamente e offrirlo solo agli utenti paganti.

Altre possibilità vedono l’università online offrire a tutti l’accesso ai propri corsi, ma rilasciare un attestato solo dietro a un pagamento. L’attestato è rilasciato quando lo studente supera gli esami online con un certo profitto.  Questo modello sta già venendo sperimentato da alcune delle piattaforme più importanti.

 Altre organizzazioni vogliono invece concentrarsi esclusivamente sull’offerta di contenuto open, come la Khan Academy che offre lezioni di matematica per studenti ad ogni livello (ma anche informatica, biologia, storia, economia e altro), e il MIT opencourseware, che offre una selezione di lezioni registrate direttamente dalle aule del Massacchussets Institute of Technology.

 Un MOOC vede normalmente decine di migliaia di iscritti, ma solo il 7% di questi lo completa effettivamente – anche se c’è da dire che la percentuale sale al 70% per chi paga per avere l’attestato finale. La maggior parte segue poche o pochissime lezioni. Non bisogna però fare l’errore di comparare questi dati con quelli delle università vecchio stile. Infatti, quando agli studenti viene chiesto il perché non abbiano completato il corso, una delle motivazioni principali è che non ne avevano mai avuta l’intenzione. La maggior parte è interessata solo a una frazione del programma offerto, poche o singole lezioni su argomenti di interesse specifico. Io mi ritrovo fra questi. Mi sono iscritto a parecchi corsi online, e non ne ho mai finito uno. Non per mancanza di motivazione, ma perché mi serviva riempire dei gap specifici nella mia formazione  (cosa che accade spesso durante un dottorato).

 Un altro punto interessante dei MOOCs è che la user base è molto ben definita: persone istruite e benestanti. Una delle promesse dei MOOCs sembrava proprio essere quella di portare l’istruzione a chi non può permettersela. Pare invece che l’80% degli utenti sia già in possesso di un college degree (nostra laurea), e che nelle nazioni meno ricche in cui i MOOC avrebbero dovuto fare più la differenza, come Brasile, India, Russia, Cina e Sud Africa, l’80% degli utenti provenga dal 6% più ricco della popolazione.

Non sono sicuro rispetto a come andrebbero interpretati questi dati. Forse rispecchiano semplicemente il fatto che in generale le persone che non possono permettersi un’istruzione valorizzano – comprensibilmente – più il riconoscimento dell’istruzione che l’istruzione da sola. Al momento i MOOCs non brillano particolarmente nella capacità di rendere i loro studenti appetibili per un’azienda. Difficile dedicarsi alla propria formazione con la prospettiva di non poter farci nulla. Ma è solo una delle tante possibili spiegazioni.

 Ovviamente ci sono molte criticità nella proposta dei MOOCs che vale la pena evidenziare.  Ad esempio, possono essere carenti per quanto riguarda l’interazione degli studenti coi propri pari e con gli insegnanti, rispetto alle università tradizionali. Le università online stanno provando ad ovviare a queste mancanze, con l’aiuto di forum e in generale tutti quegli strumenti di networking che possano sopperire alla mancanza di interattività. Chi vivrà vedrà.

Ci sono cose che le università fisiche continuano e probabilmente continueranno a fare meglio di quelle online. Ad esempio -personalissima opinione- penso che sia importantissimo per uno studente, soprattutto nelle facoltà scientifiche e soprattutto negli stadi più avanzati dello studio, che questi venga a contatto con la ricerca nel suo campo.  Non vedo nessuna formula online che possa sostituire la capacità delle università tradizionali di offire questa possibilità, almeno nell’immediato futuro.

Che cosa i MOOCs ci mostrano sull’educazione tradizionale

 Dall’esperienza dei MOOCs si possono trarre alcune considerazioni interessanti su come sta cambiando la richiesta di educazione e formazione, e su alcune caratteristiche problematiche dell’educazione odierna che diamo per scontate. Innanzitutto sembra che la richiesta vada nella direzione di un’educazione “unbundled”, spacchettata. Gli utenti dei MOOCs hanno un’idea ben precisa di quello che vogliono sapere; non solo questi scelgono dei corsi specifici (e non necessariamente un intero programma, come nell’università tradizionale), ma seguono solo parti specifiche di quei corsi. Non è facile capire se questo sia veramente un trend generale, o semplicemente risponde a un bisogno marginale rispetto all’offerta tradizionale. Certo che in una società che si dirige sempre più verso la iperspecializzazione, non si può guardare a questi dati senza fare l’ovvio collegamento. E gli stessi dati non possono non farmi pensare al fatto che la rigidità dei programmi scolastici e universitari che caratterizzano l’istruzione italiana tradizionale non siano nel miglior interesse dello studente.

Una seconda considerazione è che il bisogno di formazione e quello di avere un riconoscimento per questa formazione sono due bisogni che non coincidono completamente. Infatti la stragrande maggioranza degli utenti dei MOOCs non sono interessati ad avere i propri sforzi riconosciuti, ma vogliono semplicemente ottenere la conoscenza che gli serve o che comunque desiderano avere. Mi pare che questa separazione sia quasi completamente mancante nel mondo classico dell’educazione, dove la formazione è strettamente seguita dal bollino. Come dicevo ad un amico qualche giorno fa, di Inglese a scuola ne ho imparato poco, in compenso ho imparato benissimo a passare i test.

Se questo modello di business dei MOOCs si dimostrerà robusto, riferendomi al modello del contenuto gratuito e riconoscimento pagato, non potrò che esserne felice. Fino ad ora i corsi che ho seguito online sono stati di altissima qualità, ampiamente superiori alla media dei corsi universitari che ho seguito nelle istituzioni classiche. E del riconoscimento, la maggior parte delle volte, non me ne frega niente.

 Mi sembra chiarissimo che il mondo dei MOOCs ha una grande rilevanza libertaria. Un MOOC può avere dei costi molto contenuti rispetto a un corso universitario, e può essere offerto senza particolari complicazioni a cento come a centomila utenti. Queste due caratteristiche rendono molto semplice la creazione di un libero mercato dell’educazione e del suo riconoscimento.

Colgo la palla al balzo per dire che le discipline umanistiche hanno mostrato lo stesso successo in questi corsi di quelle scientifiche. La prossima volta che parlando di libero mercato dell’educazione qualcuno vi dirà “ASSOLUTAMENTE NO! Dove andrebbero a finire discipline basilari come la Filosofia o l’Arte? Inghiottite dal libero mercato delle scuole private!!!” potrete pacatamente portare l’esperienza dei MOOCs come esempio lampante della superficialità di affermazioni del genere. Non c’è bisogno dello stato per amare l’Arte o la Filosofia, e perché la gente voglia studiarle.

 Ritornando al discorso originario: per quanto riguarda l’educazione stessa, c’è una pressione a una maggiore qualità, in quanto per l’utente è veramente facile orientarsi verso l’educazione migliore (non è così facile per chi deve cambiare città, regione, o nazione per potere accedere ai servizi che ritiene migliori).

Per quanto riguarda invece il riconoscimento dell’educazione, ovvero la presenza di un sistema per testare le conoscenze dei propri studenti e produrre un certificato che le riconosca, per adesso i MOOCs si muovono in un mercato parallelo a quello delle università tradizionali. Quindi, per il momento mi riesce difficile immaginare qualcosa di equivalente alle “fabbriche di lauree” che ci sono familiari. C’è anche da dire che è ancora presto per discutere di questo aspetto, in quanto il valore degli attestati di una università online (non diversamente da quelli di un’università tradizionale) viene stabilito da quanto questi siano riconosciuti dai datori di lavoro. Il fenomeno è un po’ troppo nuovo per avere dati affidabili su cui discutere.

Se si riuscisse ad evitare un valore legale degli attestati MOOCs, mi pare che le università online non avrebbero nessun interesse a fabbricare certificati. La qualità di un certificato è data da quanto l’università è ritenuta affidabile nel testare gli studenti dai datori di lavoro. Nel caso una università si mettesse a fabbricare certificati, presto la sua reputazione colerebbe a picco. Uno studente che si trovasse ad aver comprato il suo certificato potrebbe farne un uso molto ridotto.

 Conclusioni

Se ho scritto dei MOOCs come fossero una manna dal cielo, è perché per me lo sono davvero. Ho imparato moltissimo dal buon Sal Khan della Khan Academy, dalle cristalline lezioni di Algebra Lineare del professor Gilbert Strang direttamente dalle aule del MIT grazie al MIT opencourseware, e dalle decine di lezioni che Coursera, Edx, Udacity e le altre mi hanno offerto, gratuitamente.

Voglio però rimarcare che ora come ora le università online non sono in grado di sostituirsi a quelle tradizionali. Forse non ha neanche senso aspettarselo.

Quello che è veramente interessante riguardo a queste nuove forme di istruzione, è che incarnano chiaramente una visione libertaria e dinamica della conoscenza e della formazione, che contrasta in modo netto con la rigidità delle istruzioni statalizzate.

Se si riuscisse a tenere le manacce dello stato lontano da queste nuove forme di istruzione, ci sarebbe la potenzialità di andare davvero lontano nei termini della disponibilità di istruzione plurale, di alta qualità, e ad un costo decisamente più basso rispetto all’istruzione tradizionale. Un’istruzione di libero mercato.

 


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